BORGOSESIA : UNA VIA PER LA CANTANTE DEA GARBACCIO
(p.m.) Il Premio Zanni quest’anno è stato assegnato alla memoria, al giornalista, scrittore e
ricercatore Primo Di Vitto, ed è stato ritirato dal figlio Geremia. In Primo l’amore per la sua città
era un richiamo irresistibile ed era stato la molla per innumerevoli ricerche che lo portarono a
riscoprire e pubblicare vicende che senza di lui sarebbero certamente state destinate all’oblio.
Fu proprio Primo Di Vitto che propose all’allora neo Sindaco di Borgosesia, Alice Freschi, di
dedicare una via alla cantante Dea Garbaccio Gili, della quale quest’anno ricorrono i
novantacinque anni dalla nascita.
L’inaugurazione ufficiale della via, con lo scoprimento della targa, è stata fatta nella giornata del
Mercu Scurot, dopo il tradizionale pranzo alla Pro Loco, preparato e servito dai ragazzi e dai
docenti dell’Istituto Alberghiero, che hanno saputo dimostrare tutta la loro professionalità e un
perfetto aplomb: accontentare cinquecento commensali non è uno scherzo!
Il Sindaco, con il Peru e la Gin, e il Presidente del Comitato Carnevale, hanno sciolto il tricolore
che avvolgeva la targa della nuova via collocata proprio a fianco del Teatro Pro Loco, mentre lo
studioso di Crescentino, Commendator Mario Ogliaro, ha presentato la cantante Dea Garbaccio,
che fu scoperta e collaborò con il Maestro Cinico Angelini, al quale Ogliaro ha dedicato un
recente volume: C’è una chiesetta, amor…Cinico Angelini, maestro della canzone italiana,
(1901 – 1983).
Di seguito riportiamo la prolusione di Mario Ogliaro, che contiene molti elementi interessanti
per i Valsesiani.
Dea Garbaccio si affacciò timidamente al mondo delle canzoni in un periodo irripetibile della
nostra storia, periodo che vide come protagonista di primo piano un altro vercellese: Cinico
Angelo, meglio conosciuto come Maestro Angelini, il quale, seppe traghettare la romanza da
salotto, ancora legata ai gusti della Belle époque, a canzone popolare. Partito giovane e povero
da Crescentino, sua città natale, si stabilì a Torino, aiutando il padre nell’umile mestiere di
calzolaio. Qui ebbe la possibilità di studiare disegno pubblicitario, aprendo una piccola bottega.
Il caso volle che un liutaio gli commissionasse un catalogo, ma poi la sua ditta fallì ed Angelini
dovette accontentarsi di un violino come compenso. E, come lui stesso affermò, “galeotto mi fu
quel violino”, poiché da quel giorno incominciò la mai sopita passione per la musica, studiando
accanitamente dalla maestra Angiola Gabriolo Boffa, fino a quando fu in grado di esibirsi in
pubblico come “arrangiatore” nel campo della musica leggera. Cosicché, intorno al 1920, formò
una piccola orchestra che eseguiva musiche latino-americane, i cui motivi erano tratti da dischi
che giungevano clandestinamente dall’America. Divenuto popolare dopo una tournée in
Venezuela durata cinque anni, nel 1929 iniziò a trasmettere le sue canzoni per radio dalla sala da
ballo Gay di Torino, attirando non solo il popolino, ma anche l’alta borghesia della città.
Divenne ben presto il più famoso ed indiscusso direttore d’orchestra italiano. Persona severa ed
esigentissima, quando conobbe Dea Garbaccio all’inizio del 1940, ne comprese subito le sue
capacità canore, nonché la sua voce intensa e delicata e non esitò a farle cantare quella che
diventerà la sua sigla musicale: C’è una chiesetta amor…” di Cantoni e Rampoldi, eseguita
quasi contemporaneamente da Alberto Rabagliati, un altro grande piemontese, cantante ed attore
cinematografico. Gli operatori musicali, i parolieri e i compositori di quell’epoca si rendevano
conto che la canzone stava entrando in una fase che possiamo definire restaurativa: la nostalgia
che si contrapponeva al passato si affievolì per cedere il passo a canzoni intrise di moralismo, le
quali cercavano di sedurre gli ascoltatori conducendoli alle antiche virtù patriottiche, che il
governo fascista identificava con il carattere stesso della nazione. Tuttavia non mancarono
canzoni allegre e gioviali con contaminazioni di gusto moderno che provenivano dal genere
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sincopato, un genere al quale si cimentarono moltissimi cantanti degli anni Trenta e Quaranta
del Novecento. Dai giornali dell’epoca si deduce chiaramente che l’orchestra Angelini e il suo
gruppo di interpreti intendevano sempre assecondare i desideri del pubblico con esecuzioni
contrassegnate da espressioni semplici e spontanee, anche mediante artifizi orchestrali, conditi
da un sapiente dosaggio di colori, capaci di suscitare ora gioiosi, ora commossi coinvolgimenti
emotivi.
Osservazioni che possiamo ragionevolmente applicare anche alla letteratura musicale di Dea
Garbaccio, perché, ancora oggi, riascoltando le sue incisioni, possiamo trovare delle melodie
orecchiabili che sfilano sotto i nostri occhi con il loro segreto linguaggio di speranze e
d’illusioni, melodie appartengono al periodo aureo della canzone italiana. Molti di questi motivi,
nonostante il tempo trascorso, conservano un’incredibile vivacità ed un sottile sapore nostalgico,
tanto da essere annoverati dai critici musicali fra il patrimonio più importante della storia della
nostra canzone. Dea Garbaccio si inserisce, nel secondo gruppo di cantanti esaminati e lanciati
da Angelini, in un periodo triste della nostra storia, a causa dell’inizio della guerra. Dopo una
prima fase maggiormente compressa dalla censura, che vedeva in ogni canzoni una velata
corbelleria ai danni del regime fascista, le maglie si allentarono, così, interpreti come la
Garbaccio poterono esprimere tutta la loro potenzialità artistica, incidendo canzoni
indimenticabili per la dolcezza della musica e la profondità delle parole. Sono canzoni d’un
tempo, canzoni che hanno costituito la poesia popolare del nostro passato, come ad esempio, la
celebre Rosamunda, scritta fin dal 1927 da un musicista cecoslovacco, ma poi accantonata dalla
censura. Dea Garbaccio la incise in una versione italiana nel 1940 con l’orchestra Angelini e la
canzone accompagnò con i suoi toni allegri e speranzosi quei giovani italiani durante il periodo
della Resistenza. Il sodalizio Garbaccio-Angelini continuò negli anni tormentati della guerra con
l’incisione di numerose canzoni, come Camminando sotto la pioggia”, Sedia a dondolo”,
Stanotte ti sogno”, Violetta”, Passa la ronda”, Brillano le stelle”, Nuova aurora, i cui
ritmi, segnatamente d’avanguardia, non erano del tutto disgiunti da una certa sentimentalità
confidenziale e antimelodrammatica. Dea Garbaccio si ritirò assai presto dalla scena musicale,
nonostante i suoi successi andassero via via crescendo.
Grazie ai dischi 78 giri e alla radio la popolarità di Angelini crebbe a dismisura. Egli non si
cimentava, come il suo collega Barzizza, a comporre canzoni, ma piuttosto sceglieva con cura
sia gli orchestrali che gli interpreti, tanto che entrare nella sua formazione significava aver
raggiunto il massimo della carriera. Oltre a Dea Garbaccio, Angelini lanciò nel mondo della
musica leggera altri cantanti, fra cui Vittorio Belleli, che cantava ancora con il megafono;
Ernesto Bonino; Michele Montanari; Isa Bellini e più tardi Nilla Pizzi; il Duo Fasano di origini
vercellesi; Gino Latilla; Carla Boni; Achille Togliani e moltissimi altri, facendo molte tournée
in tutta l’Italia, fin quando, Amilcare Rambaldi, un floricoltore di San Remo, venne in mente
l’idea di rilanciare la sua città di mare dal punto di vista turistico. E chi chiamare se non il
maestro più famoso? Cosicché Angelo Amato, direttore del Casinò e il musicista Angelo Nizza
fecero intervenire Angelini e il suo gruppo per una manifestazione musicale che si terrà dal 29 al
31 gennaio 1951, trasmessa per radio. Si aprivano così inconsapevolmente le porte ad uno dei
più grandi fatti di costume italiano che sarebbero durati nel tempo. Angelini parteciperà al
Festival per ben otto edizioni, ritirandosi poi dalle scene. In conclusione, in seguito alle ricerche
fatte, posso affermare che Angelini, pur non essendo mai stato un virtuoso strumentista, seppe
far tesoro del suo orecchio particolarmente sensibile, ma soprattutto del suo cuore, per penetrare
le sonorità musicali delle partiture che gli erano proposte dai compositori, eseguendole poi con
la sua orchestra. La sua bacchetta divenne un’arma instancabile, ora guidando gli esecutori, ora
inducendoli alle delicate espressioni delle canzoni. Provenendo, come si suol dire dalla
“gavetta”, come avvenne per Dea Garbaccio, attraverso dure fatiche, amore per il lavoro e
rispetto per il pubblico, egli era riuscito a passare dal dilettantismo alla romanzesca avventura
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nel debutto in radio e in televisione. Anche la città di Crescentino ha voluto onorare questo figlio
dedicandogli il Teatro Comunale ed una via.
MARIO OGLIARO
IMMAGINI
1) Inaugurazione della Via Dea Garbaccio Gili;
2) Gruppo dopo l’inaugurazione con al centro Mario Ogliaro.
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