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sincopato, un genere al quale si cimentarono moltissimi cantanti degli anni Trenta e Quaranta
del Novecento. Dai giornali dell’epoca si deduce chiaramente che l’orchestra Angelini e il suo
gruppo di interpreti intendevano sempre assecondare i desideri del pubblico con esecuzioni
contrassegnate da espressioni semplici e spontanee, anche mediante artifizi orchestrali, conditi
da un sapiente dosaggio di colori, capaci di suscitare ora gioiosi, ora commossi coinvolgimenti
emotivi.
Osservazioni che possiamo ragionevolmente applicare anche alla letteratura musicale di Dea
Garbaccio, perché, ancora oggi, riascoltando le sue incisioni, possiamo trovare delle melodie
orecchiabili che sfilano sotto i nostri occhi con il loro segreto linguaggio di speranze e
d’illusioni, melodie appartengono al periodo aureo della canzone italiana. Molti di questi motivi,
nonostante il tempo trascorso, conservano un’incredibile vivacità ed un sottile sapore nostalgico,
tanto da essere annoverati dai critici musicali fra il patrimonio più importante della storia della
nostra canzone. Dea Garbaccio si inserisce, nel secondo gruppo di cantanti esaminati e lanciati
da Angelini, in un periodo triste della nostra storia, a causa dell’inizio della guerra. Dopo una
prima fase maggiormente compressa dalla censura, che vedeva in ogni canzoni una velata
corbelleria ai danni del regime fascista, le maglie si allentarono, così, interpreti come la
Garbaccio poterono esprimere tutta la loro potenzialità artistica, incidendo canzoni
indimenticabili per la dolcezza della musica e la profondità delle parole. Sono canzoni d’un
tempo, canzoni che hanno costituito la poesia popolare del nostro passato, come ad esempio, la
celebre Rosamunda, scritta fin dal 1927 da un musicista cecoslovacco, ma poi accantonata dalla
censura. Dea Garbaccio la incise in una versione italiana nel 1940 con l’orchestra Angelini e la
canzone accompagnò con i suoi toni allegri e speranzosi quei giovani italiani durante il periodo
della Resistenza. Il sodalizio Garbaccio-Angelini continuò negli anni tormentati della guerra con
l’incisione di numerose canzoni, come “Camminando sotto la pioggia”, “Sedia a dondolo”,
“Stanotte ti sogno”, “Violetta”, “Passa la ronda”, “Brillano le stelle”, “Nuova aurora”, i cui
ritmi, segnatamente d’avanguardia, non erano del tutto disgiunti da una certa sentimentalità
confidenziale e antimelodrammatica. Dea Garbaccio si ritirò assai presto dalla scena musicale,
nonostante i suoi successi andassero via via crescendo.
Grazie ai dischi 78 giri e alla radio la popolarità di Angelini crebbe a dismisura. Egli non si
cimentava, come il suo collega Barzizza, a comporre canzoni, ma piuttosto sceglieva con cura
sia gli orchestrali che gli interpreti, tanto che entrare nella sua formazione significava aver
raggiunto il massimo della carriera. Oltre a Dea Garbaccio, Angelini lanciò nel mondo della
musica leggera altri cantanti, fra cui Vittorio Belleli, che cantava ancora con il megafono;
Ernesto Bonino; Michele Montanari; Isa Bellini e più tardi Nilla Pizzi; il Duo Fasano di origini
vercellesi; Gino Latilla; Carla Boni; Achille Togliani e moltissimi altri, facendo molte tournée
in tutta l’Italia, fin quando, Amilcare Rambaldi, un floricoltore di San Remo, venne in mente
l’idea di rilanciare la sua città di mare dal punto di vista turistico. E chi chiamare se non il
maestro più famoso? Cosicché Angelo Amato, direttore del Casinò e il musicista Angelo Nizza
fecero intervenire Angelini e il suo gruppo per una manifestazione musicale che si terrà dal 29 al
31 gennaio 1951, trasmessa per radio. Si aprivano così inconsapevolmente le porte ad uno dei
più grandi fatti di costume italiano che sarebbero durati nel tempo. Angelini parteciperà al
Festival per ben otto edizioni, ritirandosi poi dalle scene. In conclusione, in seguito alle ricerche
fatte, posso affermare che Angelini, pur non essendo mai stato un virtuoso strumentista, seppe
far tesoro del suo orecchio particolarmente sensibile, ma soprattutto del suo cuore, per penetrare
le sonorità musicali delle partiture che gli erano proposte dai compositori, eseguendole poi con
la sua orchestra. La sua bacchetta divenne un’arma instancabile, ora guidando gli esecutori, ora
inducendoli alle delicate espressioni delle canzoni. Provenendo, come si suol dire dalla
“gavetta”, come avvenne per Dea Garbaccio, attraverso dure fatiche, amore per il lavoro e
rispetto per il pubblico, egli era riuscito a passare dal dilettantismo alla romanzesca avventura