Eh sì, perché all’epoca il cantante si esibiva con il megafono. Le sale da ballo non
potevano certo permettersi i microfoni a carbone, allora assai costosi e inadatti per
certe manifestazioni. Quando invece avveniva la diretta con l’EIAR veniva posto un
microfono a carbone in alto, a circa tre metri dal pavimento, al centro della sala, in
modo che potesse recepire i suoni dell’intera orchestra. È scontato che il cantante, per
quanto potesse essere alto e per quanto potesse emettere in maniera potente anche
grazie al megafono, non sarebbe mai riuscito a superare il suono di tutta l’orchestra.
È per questo motivo che Belleli durante le dirette saliva su una scala a pioli, in modo
tale da essere più vicino al microfono e da far arrivare meglio la sua voce. Lo stesso
Belleli ricordava, nel 1970, durante un’intervista rilasciata a Gianfranco Venè:
«Cantavo di lassù, lontano un bel po’ dall’orchestra, in mezzo alla gente che ballava,
sospeso come un muratore o un attacchino, tra le prese in giro dei miei amici che mi
tiravano per i calzoni mentre cantavo e mi facevano barcollare la scala».
E sempre a Belleli spetta un altro primato nella storia della canzone italiana: nel 1933
un tecnico EIAR costruì per lui il primo microfono per esibirsi nelle sale da ballo e
che Belleli inaugurò nello stesso anno, cantando all’Odeon di Milano.
Definito “il cantante confidenziale” o “il cantante dalla voce di zucchero”, il suo stile
era dolce, sussurrato, moderno nel rifiuto di gorgheggi e trilli, che erano un po’ il
biglietto da visita di ogni interprete di musica leggera dell’epoca. Il suo repertorio
spaziava da valzer (Sui monti della Luna) a mazurke (La mazurca di Carolina), da
ritmi un po’ più swinganti (Per te io vivrò, Lambeth walk, Un quartierino sul
grattacielo), a brani sentimentali (Nulla, Tu cosa farai di me?) fino ad arrivare al
tango, genere in cui era considerato un vero e proprio specialista: Arrivederci
bambina, La paloma, Donde estas corazon, Tango di Marilena, Vi vorrei vedere
ancora, Il più bel tango, giusto per citare i titoli più noti.
Nel 1935, però, subito dopo aver preso parte alla famosissima trasmissione
radiofonica I Quattro Moschettieri, la sua carriera subì il primo arresto; e anche in
questo caso i calciatori della Juventus non furono estranei all’episodio. La leggenda
narra che una domenica pomeriggio, Belleli disertò le prove con l’orchestra Angelini
per recarsi allo stadio a vedere la sua amata squadra. Il maestro non sentì scuse e lo
fece licenziare in tronco. Tuttavia, dopo un anno, durante il quale si esibì con
l’orchestra Kramer lanciando la celebre Un giorno ti dirò, i rapporti si riallacciarono
e Belleli tornò nuovamente in seno all’orchestra Angelini.
Questo secondo periodo però non durò molto. Nel 1938 vennero pubblicate le Leggi
Razziali. Per Belleli, ebreo praticante, non c’è più posto tra le file dell’EIAR. Fino a
quando gli eventi bellici glielo permisero cantò sotto falso nome in vari locali di
Torino e di Milano, poi, nel 1942, fu costretto a rifugiarsi in Svizzera, dove finì a
spaccare legna in un campo di lavoro.
Sembra la fine di una grande carriera. E invece no. Belleli fu uno dei pochi,
pochissimi, che nel dopoguerra seppe rinnovarsi, entrando a far parte del primissimo
complesso di Fred Buscaglione. Rifiutando di emigrare in Sud America, come fecero
gran parte dei suoi colleghi del passato, mantenne la sua carriera in controtendenza
ma sempre al passo coi tempi: con l’orchestra di Bruno Quirinetta (con cui si esibì dal
1948 al 1949) inaugurò la Bussola di Focette e la Capannina di Forte dei Marmi. In