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remetto un particolare della mia giovinezza. Mio padre possedeva una
ottantina di dischi, alcuni lirici, ma per la maggior parte di musica leggera, dei
più svariati cantanti del periodo che va da prima della seconda guerra
mondiale fino ai primi anni del dopoguerra. Le condizioni della mia famiglia
non ci permettevano di avere un numero di dischi più consistente. Era però un
lusso anche quel poco che avevamo, tanto che nelle feste, specialmente
quando ci venivano a trovare i parenti, il nostro bel radiogrammofono, un
Radiomarelli che mio padre aveva comprato prima della guerra, faceva da
richiamo per i vicini di casa che venivano da noi per ascoltare da vicino le
canzoni.
In quegli anni del dopoguerra c’era tanta povertà in giro. Si viveva
senza neanche la speranza di un miglioramento. Si tirava avanti cercando di
accontentarsi di quello che c’era. Così io, allora ragazzetto (sono nato nel
‘40), incuriosito da questo prodigioso mistero che destava in me il
grammofono, mi prestavo tutto contento a cambiare dischi e puntine: mi
gratificava l’espressione di apprezzamento che leggevo nei volti della gente
per la canzone, talvolta da me scelta. Mio padre mi spiegò in seguito che il
suono era dovuto alle vibrazioni della puntina, che generavano un campo
elettrico, che poi, amplificato, andava a far vibrare l’altoparlante. La
spiegazione mi convinse, ma se da un lato mi tolse la componente di mistero,
dall’altro mi restò sempre una speciale attrazione per quella stupenda
macchina che era il grammofono e i dischi, che ripetutamente riascoltavo, non
stancandomi mai e cercando di immaginare che volto avessero quei cantanti,
senza però mai venirlo a sapere. Sembrava che quei cantanti provenissero da
un mondo misterioso e lontano che nessuno conosceva. Questi cantanti erano
Corrado Lojacono, Carlastella, Jone Cacciagli, Meme Bianchi, Luciano
Tajoli, Natalino Otto e altri ancora. Mi avvicinavo all’altoparlante e mi
sembrava che questi fossero proprio lì, dietro il grammofono. Ma di tutte
queste voci, devo confessare, di una in particolare ero addirittura innamorato:
la voce di Meme Bianchi. Avevo solo i dischi con le canzoni Giovanottino mi
garbate tanto, La Spagnola, Quando piove con il sole.
Un particolare che voglio ricordare a dimostrazione di quanto una voce
possa avere inconfondibilmente un potere fortemente evocativo. Mi accadde
un giorno, nel prendere un gruppo di dischi, di romperne uno (quello che