(Pinchi-C.A.Rossi)
Orchestra diretta dal M°. BEPPE MOJETTA
Edizioni : MELODI
Da supporto 78 giri
CETRA
N.Catalogo
DC 4471
N°.Matrice 52608
Inciso a Torino il 3 Maggio 1946
ANNO 1946
1945: gli alleati conquistano il Nord Italia e mettono
la parola "Fine" a cinque anni di guerra e a più di venti di dittatura.
A quest'ultima, nemmeno la musica è riuscita a sottrarsi: volendo
riaffermare i fasti di un Impero tramontato quindici secoli prima,
Benito Mussolini aveva tentato di vietare ogni contaminazione con
espressioni culturali - e, ovviamente, sonore - che non fossero di
italica purezza.
Tra queste, il jazz. Ai musicisti italiani che si
erano cimentati con tutto ciò che in quel periodo arrivava dall'America,
era stato imposto di cambiare titoli e testo delle canzoni (con
risultati grotteschi come la celeberrima 'St. Louis blues', divenuta 'Le
tristezze di San Luigi'). Ma il contagioso ritmo dello swing era
riuscito ad aggirare gli ostacoli: al momento dello sbarco degli
alleati, molti italiani erano già stati conquistati dalle dondolanti
armonie jazz. Tra questi, molti musicisti che erano diventati abbastanza
bravi da comporre canzoni in grado di ben figurare accanto ai brani di
Glenn Miller.
Carlo Alberto Rossi è tra quei musicisti: tra i suoi
brani di evidente matrice jazzistica si ricordano 'Quando piange il
ciel', (scritta nel 1939, ben prima della fine della guerra, ma
pubblicata nel 1946), il blues 'Louisiana', e 'Luna indiscreta', pezzo
forte dell'orchestra di Alberto Semprini, altro maestro innamorato
dell'America. Ma soprattutto i due grandi successi del torinese Ernesto
Bonino: 'Ti telefono stasera' e 'Conosci mia cugina'.
"In realtà non avevo una passione viscerale per il jazz", racconta
Rossi. "Semplicemente, la mia idea era quella di battere nuove strade,
trovare idee originali. E mi divertiva usare armonie che in Italia non
erano conosciute".
La musica è uno swing in mi bemolle, con un impasto di fiati che porta
alla mente le celebri alchimie dell'orchestra di Duke Elligton. Il
testo, coi suoi accenni ai cocktail e ai rudimenti di inglese della
spigliata cugina, esprime la "voglia d'America" di chi voleva lasciarsi
alle spalle la guerra - un cambiamento nella forma, ma non nella
sostanza, visto che alla fine la "maschietta" oppone ai corteggiatori il
diniego insegnatole dalle mamme e dalle nonne, e "Non c'è niente da
far".
"Il problema di quei brani stava nella lingua: se prendevi quelli
americani e pensavi di tradurli, sbagliavi di grosso. In italiano
venivano proprio male", spiega Rossi. "Allora abbiamo tirato fuori
questa canzone, composta come uno swing sul quale abbiamo messo un testo
nella nostra lingua. Quando l'ho scritta, l'ho pensata come un vestito
per Natalino Otto - un grande: lui e Mina, pur in epoche diverse, sono i
veri rappresentanti dell'Italia musicale. Poi il brano è stato ripreso
da quei cantanti che volevano fare jazz, tra i quali Ernesto Bonino".